NUNZIO BRUNO
NUNZIO BRUNO
Il Maestro Nunzio Bruno, nato a Sortino nel 1936 ma floridiano d’adozione. Appartenente ad una generazione di fotografi, dopo aver esercitato la professione dei suoi predecessori si appassiona alla pittura, alla scultura e al miniaturismo. In virtù di una preziosa collaborazione con l’etnoantropologo Antonino Uccello comincia a preservare dall’abbandono una collezione infinita di oggetti riferiti alla scomparsa della civiltà contadina Iblea, con particolare riguardo ai mestieri antichi floridiani, che espone nella sua Villa di Contrada Fegotto, per decenni meta di qualificati visitatori.
Nunzio Bruno: la Sicilia, il suo cuore
<< Ricordare, per rivivere (...), perchè nel ricordo, attraverso il ricordo, la memoria umana e quella storica hanno contezza della propria presenza, della propria esistenza >>
(G. Stella, da Miele estremo)
Così scrive lo scrittore Giovanni Stella nell'avvertenza al lettore posta a limite di quel suo bel libro di memorie in cui ripercorre a ritroso, come in una moviola del tempo, la propria vita cercando di lasciarne almeno una traccia nella pagina scritta, prima che "l'oblio, tutto cancelli nell'individuo". E' da quello scritto che ha l'ansia di resistere all'azione corrosiva del tempo che viene fuori, con il suo piglio apparentemente burbero e severo - in realtà robusta corazza per un cuore nobile ed amabile - l'indimenticabile figura di colui che la " memoria" e il "ricordo", inteso come un "ri-essere" di stelliana memoria - e un "consistere" -, ha posto a vessillo della sua attività di etnoantropologo e di artista poliedrico. Eccolo! E' lui, il Maestro Nunzio Bruno, << uno degli ultimi esemplari [...] di quella specie di siciliani purosangue che onorarono la nostra terra di Sicilia >>, il cultore delle sue tradizioni popolari, il custode della sua memoria storica e spirituale. Fotografo professionista, collezionista, pittore, scultore, miniaturista, ri-scopritore di antichi sapori e di arcani umori, con spirito di abnegazione e di laica devozione ha dedicato oltre quarant'anni alla paziente ricerca e allo studio di tutti quei reperti etnografici che, attraverso la loro "fisicità" ci raccontano un pezzo atavico del nostro territorio, dei nostri cari avi, della nostra infanzia. Sono gli attrezzi e utensili delle massaie, sono gli strumenti di lavoro del pastore e del contadino, sono gli attrezzi e gli arnesi del carradore, del calzolaio, del falegname, del frantoiano e dell'apicoltore: segni fisici di una civiltà - quella contadina e artigiana di Sicilia - ormai scomparsa o avvolta, semmai, da una fioca luce crepuscolare. Reperti di storia nascosta che Nunzio Bruno non si contenta di salvare ed esporre passivamente nel suo spazio di Villa Museo; ma manipolando con sapienza creativa la materia - la pietra, il legno, l'argilla - che sotto le sue mani assurge alla dimensione di cosa "viva", riproduce fedelmente e minuziosamente quegli stessi oggetti e ambienti di una volta, catturandone e ricreandone la segreta atmosfera, per poi farne l'originale supporto della sua pittura, così intensa e carica di umanità. In quei reperti c'è tutta la sua Sicilia. Da ognuno di essi emana un'aura di antica sacralità che sembra sprigionarsi e diffondersi tutt'intorno. E così Bruno consegna al tempo presente le chiavi del mondo che egli ha amato, quasi fosse uno scrigno prezioso che racchiude inesauribili tesori. Un mondo d umani valori, di forti e densi sapori, di intensi e pregnanti odori, di festosi e brulicanti rumori. Un mondo remoto, passato, che per una sorta di oscuro sortilegio, "rivive" insieme a lui proprio nella "materialità" di quegli oggetti che egli - quasi come un "barcarolo che tenta di salvare il naufrago tirandolo per i capelli fuori dall'acqua che l'inghiotte" - ha tentato disperatamente di << riportare in superficie dagli abissi di una memoria distratta, smemorata, svogliata >> (G. Stella , Il rigattiere e l'avventore) che rischiava di consegnare tutto ai fantasmi dell'eterno nulla.
Perchè il tempo implacabile tutto consuma fuorchè il ricordo.
Maria Granata
... E dalla pietra di Sicilia nascono anche le sue sculture: piccole statue opulente, quasi totemiche, divinità agropastorale; pietre scolpite per evidenziare una forma o una figura; anfratti che fungono da ricoveri per greggi; balconate e motivi architettonici dell’arte contadina. Tutto qui ci parla di Sicilia, tutto qui profuma d’aranci.Corrado Di Pietro poeta, scrittore
A Nunzio Bruno
Abbagnannu li punzedda 'nta lu cori,
talìannu li ritratti 'ntà lu sangu,
Nunzieddu pitta ciavuru di pagghia
cotta 'nnamurata di lu suli.
Pitta li cunti
ca si dicìanu a centu
Matri e pignata
pi tutta 'na jurnata,
una sempri aggritta, 'nchiffariata,
(tronu di l'amuri pì li figghi)
L'avutra assittata 'nta lu focu,
vunciata d'acqua, sali e minuzzagghia.
Pitta Nunzieddu casuzzi arripizzati
Ma forti cchiù di tempu e tirrimoti,
no pì lu ferru oppuru lu cimentu,
ma di li petri
pì lu starisi abbrazzatu.
Renzino Barbera (Taormina 1988)